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la musica cubana

La musica cubana, parto mulatto prodotto dall’incontro di due culture

(Perle della storia africana della scrittrice Roberta Begnoni )

Alejo Carpentier, romanziere e musicologo, ha più di una volta affermato che la musica popolare cubana “è l’unica forza musicale che possa paragonarsi al jazz nel secolo ventesimo “. Ma qual è l’incanto della musica creola cubana? Forse la risposta è a troppe uscite. Il ritmo che regala trance? L’abbondanza dei suoi generi? La capacità infinita di riprodursi conl’effetto di sempre nuove fusioni? ……………

In secoli di tratta, di stragi, di soprusi, di sottomissioni. Di sporchi profitti sulla pelle dei più deboli, la musica ha continuato a nascere, a farsi sentire, a essere ballata ………………

L’Isola, faro musicale attivo e abbagliante, porta avanti non ancora stanca quello che sembra essere il suo Karma: produrre musica vigorosa, innovativa e intrigante come conseguenza del suo meticciato coatto.

LAvana è stata per secoli un frizzante e frequentato porto di mare, covo di libertinaggio e divertimenti a non finire per i marinai di passaggio…………………

Proprio in questo ambiente allegro e dissipato; nascono le claves , due bastoncini di legno duro, macho y hembra , maschio e femmina, che sono la chiave della musica afrocubana.

L’Orquesta Aragon, nel suo album Quien sabe sabe, canta che non c’è son senza clave e bongò, e aggiunge :” Se non sei cubano, segui il ritmo della clave e batti il tempo del bongò; vedrai come ti riuscirà bene !” Fanno presto a dirlo loro, ma in effetti accostarsi al ballo seguendo il ritmo sincopato non è tra le cose più facili…………………………….

La clave , insomma, ha una sua storia affascinante, e da oggetto usato per l’assemblaggio delle navi, diventa la base ritmica di tanta musica cubana. Ortiz afferma:

La clave della musica cubana è nata all’Avana, dal matrimonio meticcio dei paletti che battevano tra di loro gli schiavi negri dell’Africa con le nacchere dei galeotti bianchi dell’Andalusia. Parto mulatto, incarnato senza dubbio nelle claves dell’arsenale, dove negri e bianchi univano i loro affanni, il loro lavoro, il loro dolore per la carenza, che lì in prigione si soffriva, degli usuali strumenti per la musica.

L’Avana 1993. Ortiz ( Avana 1881-1969) Ha scritto importanti studi storici, economici, antropologici, etnologici.

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Gli africani continuarono ad affluire come schiavi a Cuba fino al 1880. Nel secolo scorso la percentuale della popolazione nera nell’Isola raggiungeva il 60%. La parte occidentale dell’Africa era la più saccheggiata. Disseminati per tutta Cuba, i congo venivano dall’area etnolinguistica bantu, i lucumì dall’area culturale yoruba, dal Dahomey gli ararà e dal Calabar i carabalì.

Si portano dentro la religione, la loro storia e le percussioni. Il tutto censurato dai padroni bianchi. Piano piano la frenesia dei ritmi africani esce dal recinti stretti imposti dagli europei; però è solo nel nostro secolo che il tambor entra a far parte dell’orchestra e i bianchi cominciano ad appassionarsi alla magia dei suoi ritmi.

Tiene un misterioso comercio con el alma”, commentava Josè Martì a proposito del caffè. Lo stesso si potrebbe dire a proposito del tambor, che racchiude ed esprime l’essenza della musica blanquinegra cubana, è capace di risvegliare emozioni forti in chicchessia, a prescindere dal colore della pelle……………………………………..

Bisogna dire che il sincretismo musicale partoritop da Africa e Spagna risulta ancora più complesso perché in esso si compenetrano le molteplici culture nere delle zone sia rurali che urbane di Cuba. Ad esempio “ Bilongo” (una deliziosa canzone-tormentone suonata in tutta l’area caraibica, quasi una seconda “Guantanamera”), quando fa riferimento ad un incantesimo, il bilongo appunto , che rende follemente e lucidamente innamorati, coniuga parole bantu e mandinga. ………………………………………..

Musica e divinità yoruba. I tamburi sacri

 

Nel mix di suoni e ritmi che oggi si praticano sull’Isola, o che ne sono usciti influenzando la musica afro americana, europea e africana, c’è una buona dose di musica religiosa; il genere rientra nell’ampio crogiolo del folcrore afro-cubano che di questi tempi è assai vivo e ricco di fermenti innovativi. Le divinità, arrivate dalle foreste e dalle savane africane, continuano ad essere venerate con danze, canti, percussioni.

L’espressione musicale più forte, ricca e poetica è quella legata alla cultura yoruba, proveniente dalla regione della Nigeria. Al tempo della colonia gli schiavi, mentre dedicavano(perlopiù di nascosto) anima e cuore al loro Olimpo africano, erano contemporaneamente costretti a frequentare i riti cattolici e a mostrare una certa devozione, anche se forzata. Nel tempo, questo doppio binario dell’anima si fonde, dando vita ad un credo sincretico detto Regla de Ocha, lucumì o santeria. Alle divinità africane, ad archetipi mitici che vengono chiamati orishas o orichas, corrispondono snti nostrani o qualche Vergine Maria. Eccone alcuni:

- Olofi è il creatore, la causa e la ragione di essere di tutte le cose;

- Eleguà ( sant’Antonio di Padova) è un oricha importante e dispettoso.Simbolo delle contradizioni e della forza vitale, Eleguà possiede le chiavi del destino. I suoi colori sono il rosso e il nero. La chiesa afferma che Eleguà è il diavolo, ma nella mitologia yoruba non esiste un personaggio sempre cattivo come Satana.

- Yemayà (Virgen de Regla) è la signora del mare, una fonte di vita. È la Grande Madre. I suoi colori sono quelli delle onde e della schiuma marina. È virtuosa, ma a volte anche allegra e sandunguera. Yemayà è una “santa di società”;

- Changò (santa Barbara) sta ai vertici dell’ Olimpo yoruba. È il signore del fuoco, del lampo e del fulmine, dei tamburi, ma soprattutto è l’ oricha della sessualità brava. Nei balli a lui dedicati la mimica è “guerriera” e accentuatamente erotica, come nelle danze priapee dei cretesi. È vestito di bianco e rosso. La sua festa è il 4 dicembre;

- Obatalà è il padre di tutti gli orichas. È il signore della testa e della mente. Rappresenta la pace e l’armonia. Il suo colore è bianco;

- Babalù Ayè è un oricha importante e molto venerato. È il signore delle malattie. Prima proteggeva contro il vaiolo e la lebbra, ora contro l’Aids. Lo identificano come san Lazzaro e viene festeggiato il 17 dicembre;

- Ochosi, dio della caccia, guerriero e indovino. Protettore della gente che ha problemi con la giustizia. È identificato con san Norberto;

- Oyà è divinità violenta e impetuosa; ama la guerra ed è una delle amanti di Changò. È identificata con la “Virgen de la Candelaria”;

- Orula è la divinità che rivela il futuro. Personifica la saggezza e la possibilità di influire sul destino. Orula è il benefattore del genere umano. È identificato con san Francesco d’Assisi. I suoi colori sono il giallo e il verde;

- Ochùn, oricha ai vertici del pantheon, corrisponde alla “Virgen de la Caridad del Cobre”, patrona di Cuba. È signora dell’amore e del fiume; simboleggia la civetteria e la grazia femminile. È la “fidanzata” di Changò. Viene rappresentata come una mulatta, bella tra le belle, di buon carattere e amante dei balli, dove va accompagnata dal tintinnio dei suoi campanelli. Il suo colore è il giallo.

 

La santeria è parte della vita spirituale di milioni di persone a Cuba e fuori di Cuba; la sua musica rituale è un tesoro di profonda polifonia ritmica e di melodie ancestrali. Nelle preghiere e nei canti, dagli idiomi antichi, si conserva e si esprime la memoria collettiva africana…………………………………….

 

Queste pagine sono tratte dal libro Besito de Coco Corazòn, il cuore della musica cubana Edizioni minimum fax,2000 di Roberta Begnoni, 2000; pag.22-pag.26 chi è Roberta Begnoni?

 

 

 

 
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