Lo schianto dello schiapparelli
Domenica 02 Aprile 2017 14:47

LO SCHIANTO DELLO SCHIAPPARELLI

 

Gianluca Grossi  10/2016

 

Il lander dell'Esa, Schiaparelli, con ogni probabilità si è schiantato sulla superficie marziana. Ecco perché non è in grado di comunicare con noi. Al momento è impossibile stabilire la causa dell'incidente, ma quel che è certo è che fino a un minuto prima di giungere su Marte era in ottime condizioni. Poi?

Un'avaria al computer, ai retrorazzi, all'altimetro; difficile dirlo. Occorrerà del tempo per fare luce sulla fine dello schiaparelli.

Ma le speranze si riducono di ora in ora.

Paolo Ferri, direttore delle operazioni di volo delle missioni dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa), ha detto che tutto ha funzionato alla perfezione fino al distacco dello schermo posteriore del paracadute, la penultima fase dell'ammartaggio. «A quel punto l'accensione dei retrorazzi ha funzionato solo per tre secondi, poi il computer di bordo ha deciso di spegnerli». Potremo saperne di più quando saremo in grado di codificare i messaggi che sta inviando il Tgo (Trace Gas Orbiter), la sonda che continua a girare intorno al pianeta rosso e che proseguirà la sua avventura fino al 2020; anno in cui entrerà in scena un nuovo rover destinato a «cavalcare» le dune marziane.

A Darmstadt, in Germania, dove sorge il centro di controllo della missione, si respira l'amarezza di un'operazione non andata a buon fine, tuttavia nessuno se la sente di recriminare qualcosa, anche perché il silenzio è sopraggiunto una manciata di secondi prima dell'ammartaggio, davvero, una beffa. «Il lander era operativo quando ha attraversato gli strati più alti dell'atmosfera e ha aperto il paracadute», dice Andrea Accomazzo, direttore della Divisione per le missioni planetarie dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa). D'altra parte, non è un caso che si parlasse dei fatidici «sei minuti di terrore»; proprio quelli in cui si è verificato l'impatto fra il lander Schiaparelli e la superficie di Marte. Aspetto dell'esplorazione spaziale ancora tutto da verificare. Lo testimonia il fatto che gran parte dei fallimenti delle missioni su Marte sono avvenuti in questa fase.

La prima risale agli anni Sessanta. I russi spedirono cinque sonde in pochi anni: nessuna centrò l'obiettivo. Ci riuscirono gli americani con Mariner 4, dopo il fallimento di Mariner 3. Nel 1971 mapparono l'85% della superficie di Marte, ma furono fortunati, perché non previdero i rischi connessi alla stagione delle tempeste di sabbia, la «dust storm season». La sonda sovietica Mars 3 liberò un rover che dopo quattordici secondi dall'ammartaggio non dette più alcun segnale.

I primi lander in grado di ammartare e resistere un po' di più furono quelli del programma statunitense Viking, nel 1976. Ma Mars Climate Orbiter della Nasa si perse nel 1999: sbagliarono i calcoli, confondendo le unità di misura americane e inglesi. Nel 2003 il flop della missione Mars Express, con il disastro del lander Beagle 2, rimasto senza «benzina».

E siamo a oggi. Non è ancora detta l'ultima parola, ma già si guarda alle missioni che verranno. Due gli appuntamenti imminenti, previsti per il 2018. L'Interior Exploration using Seismic Invetigations, Geodesy and Heat (Insight), progetto americano, promette di spedire sul pianeta rosso un robottino che potrà studiare la geologia del corpo celeste; Red Dragon, di Elon Musk, imprenditore sudafricano fondatore della Space Exploration Technologies Corporation, mira invece a visitare Marte per aprire definitivamente la corsa all'esplorazione umana; che in un modo o nell'altro si avvalorerà anche dell'esperienza di Schiaparelli.

 

 

UN ERRORE IN FRENATA

 

Maurizio Codogno   

Segnali. Il lander Schiaparelli non può comunicare con la Terra, invia segnali solo alle sonde in orbita su Marte, in particolare Mars Express (messo in orbita dall’Esa nel 2003), Mars Reconnaissance Orbiter (lanciato dalla Nasa nel 2005) e Tgo, la nave madre di Schiaparelli

Che cosa è successo al modulo Schiaparelli? Il silenzio della sonda, che continua a non inviare alcun segnale da Marte, fa temere che sia andata distrutta nell’«ammartaggio» arrivando sul pianeta a velocità troppo elevata. Ma niente è sicuro: «I dati ufficiali in nostro possesso non ci permettono di confermare nessuna ipotesi» ammonisce il presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), Roberto Battiston. Intanto nel centro di controllo della missione (Esoc) in Germania a Darmstadt, si continua a lavorare all’analisi dei dati registrati dalla sonda della missione ExoMars, il Tgo (Trace Gas Orbiter), unico veicolo spaziale in grado di «interpretare» al meglio le informazioni che il modulo di atterraggio ha raccolto durante i sei minuti e mezzo di discesa sulla superficie marziana, circa 600 megabyte di dati. 

Problema ai propulsori?  

Ci vorranno giorni, se non settimane, per studiare una mole così ampia di dati e quindi capire cosa è successo nell’ultima fase di discesa del modulo. L’ipotesi più accreditata riguarda un possibile problema ai propulsori di frenata della fase finale del veicolo spaziale: «I dati che abbiamo raccolto - dice Paolo Ferri, Direttore Operazioni di Volo al Centro Esoc - dicono che la sequenza di atterraggio ha funzionato fino al distacco dello schermo posteriore del paracadute. A quel punto l’accensione dei retrorazzi ha funzionato solo per tre secondi, poi il computer di bordo ha deciso di spegnerli».  

Andrea Accomazzo, Direttore Missioni Interplanetarie all’Esoc, aggiunge: «Il rilascio del paracadute, secondo i dati ricevuti, che però vanno anch’essi confermati, sarebbe avvenuto circa 50 secondi prima di quel che ci aspettavamo. E quindi è stato rilasciato a una quota più alta. Ma i retrorazzi sono rimasti accesi solo per tre secondi. Dobbiamo capire perchè la logica di bordo ha preso questa decisione contraddittoria, non in sincronia con le nostre aspettative». Fino a quel momento tutto era andato bene. Anche lo scudo che aveva protetto il modulo di sbarco dal forte calore generato dall’attrito con l’atmosfera si era separato correttamente. Se ne saprà di più, appunto, con i dati del Tgo. In ogni caso, sottolinea l’amministratore delegato di Leonardo-Finmeccanica, Mauro Moretti «la tecnologia italiana non è coinvolta nel problema».  

Un successo parziale  

Intanto ieri mattina i responsabili hanno comunque ribadito che la missione è stata un successo: «La sonda orbitante Tgo funziona perfettamente - dice Jan Woerner, Direttore Generale dell’Esa - e questo è già di per sé una grande impresa nella storia delle missioni europee di esplorazione spaziale. Per Schiaparelli, abbiamo ricevuto i dati che tutto ha funzionato bene durante la fase di discesa e abbiamo raccolto molte informazioni. La discesa era soprattutto un test per saperne di più in vista di missioni future. Con questa missione abbiamo gettato le basi per la missione del 2020».

contraddittoria, non in sincronia con le nostre aspettative»

 

Wikipedia

Le comunicazioni con il lander si sono interrotte circa 50 secondi prima del previsto contatto col suolo, appena dopo che il paracadute e lo scudo termico erano stati sganciati dal lander. Ulteriori analisi sui dati di telemetria trasmessi in tempo reale dal lander attraverso il TGO, che agiva come ripetitore, hanno permesso agli ingegneri dell'ESA di scoprire che i retrorazzi sono stati spenti dal computer di bordo dopo solo 3 secondi invece dei 30 previsti. Secondo le stime dell'ESA, il lander ha percorso in caduta libera circa 3 km e ha impattato con il suolo marziano a una velocità maggiore di 300 km/h distruggendosi nell'impatto

 

 

Ipotesi software

Graziano Campostrini  04/ 2017


Secondo una mia ipotesi,  probabilmente c'era un baco nel programma, che non sarebbe uscito, se l'altimetro fosse stato più preciso. L'Agenzia spaziale italiana(ASI),  aveva fatto fare il software del Lander, ai Romeni, per risparmiare . Ma questi  per mancanza di soldi, non hanno potuto simulare il lancio del modulo sulla terra per testare il loro programma. Così ci hanno venduto il software completo chiavi in mano, ma senza testarlo nella realtà.  Ecco quindi che sorge il dubbio di un baco nel software.

I fatti dello schianto sono andati in questo modo:

Alle 15:37 ore italiane il lander si èra risvegliato dall'ibernazione, (per risparmiare energia nei sette mesi di viaggio) per prepararsi alla discesa. Aveva acceso tutti gli strumenti necessari per controllare le sue condizioni, e tutti i sensori per raccogliere i dati alle 16:42 quando sarebbe entrato nell' atmosfera marziana. Temperatura, pressione ecc..

L'apertura del paracadute e lo sgancio dello scudo termico era avvenuto regolarmente.

I problemi sono iniziati quando il lander ha sganciato il paracadute separandosi dal modulo di atterraggio.

 

 

 

Al fascino del Pianeta Rosso l'uomo non ha mai saputo resistere. anche il lander è rimasto affascinato e incantato , tanto da  schiantarsi.